Noci biologiche: un’altra eccellenza della Sicilia
Tra le primizie dell’autunno che nulla hanno da invidiare alle più conosciute castagne, uva e zucche, troviamo le noci biologiche siciliane.
Raccolte direttamente dall’albero sul finire dell’estate, e quindi non lasciate cadere naturalmente come le noci che siamo abituati ad acquistare, le noci fresche siciliane hanno ancora il guscio tenero e il gheriglio morbido. Il loro gusto è amarognolo e vanno conservate in frigo perché sono a tutti gli effetti frutta fresca.
Le noci hanno un grande valore energetico, il che le rende perfette come veloce spuntino autunnale quando, durante il cambio di stagione, abbiamo bisogno di un apporto calorico maggiore. Ricche di Omega 3, le noci abbassano il colesterolo cattivo e mantengono il giusto livello di quello buono. Possiedono inoltre proprietà antinfiammatorie e aiutano a ridurre la pressione alta.
Il noce in Sicilia è considerato l’albero della conoscenza: in pochi sanno che togliendo il guscio della noce troviamo la rappresentazione tridimensionale dei due emisferi del cervello.
Vogliamo condividere con voi una favola inventata dallo staff di Agribio Jalari che ha inizio proprio sotto l’albero simbolo di sapienza: un noce.
La storia delle Ninfe di Platania
Si dice che in un paesino vicino Platania nella notte di San Giovanni, il 24 giugno, 7 ninfe o sacerdotesse soprannominate anche streghe si riunissero sotto un grande albero di noce simbolo di sapienza, per scambiarsi delle erbe aromatiche.
Le dee portavano con loro delle erbe aromatiche come: nipitella, alloro, timo, salvia, coriandolo, iperico e artemisia. Queste speziali avevano delle dottrine ereditate delle loro maestre: “U Putiri e u Sapiri”, “Il Potere e il Sapere”.
Il Sapere era insegnato dall’esperienza, mentre il Potere gli veniva consegnato dalla maestra sul letto di morte (un segreto nascosto).
Un giorno una giovane apprendista voleva diseredare la propria maestra e per screditala e farla deridere dai suoi pazienti scambiò la nipitella con della menta piperita.
La sacerdotessa non si accorse del tranello e preparò una pozione contro le punture di insetti che somministrò ai propri paesani.
Naturalmente questa pozione non funzionò e la sacerdotessa venne screditata, derisa, isolata da tutto il paese.
Come sapete, però, tutti i nodi vengono al pettine e presto capirono che questo scherzetto era stato organizzato da Don Bonassenzio, che non vedeva di buon occhio le sacerdotesse. Pertanto le altre maestre si riunirono per vendicarsi della vicenda e organizzarono una grande festa dove invitarono il parroco e tutti i paesani.
Allestirono un grande banchetto con succulenti piatti di stagione e fecero bere a Don Bonassenzio del vino con un estratto di artemisia, l’assenzio.
Questo liquore allucinogeno, che somministrato in piccole dosi provoca delirio e uno stato di dissociazione dalla realtà, portò il prete a confessare l’ inganno nei confronti di tutto il suo popolo.
Grazie all’assenzio la sacerdotessa venne perdonata dai paesani e don Bonassenzio fu svestito dal proprio incarico.
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